sabato 24 dicembre 2011

Perché sono infelice?

Perché sono infelice?
Perché sono così insicuro?
Cosa non va?
Vorrei essere più sveglio ma non ci riesco, perché?
Vi è mai capitato di chiedervelo?
Penso di si! E di solito le risposte a queste domande  si trovano dappertutto: internet, libri incentrati sulla sicurezza di se, corsi di yoga, corsi di autoaffermazione , riviste che parlano di benessere ecc. Tutte cose facili d’apprendere e da mettere in pratica ma che non toccano mai il problema alla radice. Tutte cose ti permettono di funzionare bene e di inserirti meglio nella società, ma che non ti permettono mai di arrivare ad una vera sicurezza interiore. Al massimo si può ottenere una sicurezza solo superficiale.
Come dice Erich Fromm quando parla dei “ venditori di salute” ( Da avere a Essere Mondadori ):
"I “venditori di salute” si limitano a soddisfare un bisogno assai diffuso.
Molte sono le persone confuse e insicure alla ricerca di risposte che diano loro gioia, calma e che suggeriscano loro il modo di capire se stessi, quindi di “guarire”; purché gli antidoti consigliati siano facili da apprendere, richiedano uno sforzo limitato o possibilmente nullo e, soprattutto, che il successo della terapia non tardi a manifestarsi. 
Oggi lo spettro delle offerte è completo: sensitivity-training, terapia di gruppo, zen, T’ai Chi Ch’uan sono termini entrati nel lessico comune. In un ambiente confortevole lo studente e il manager si trovano a fianco di ogni categoria di persone; ed ad accomunarli è la stessa sindrome patologica: la mancanza di contatti interpersonali e di sentimenti autentici e, insieme, il medesimo desiderio di raggiungere l’effetto liberatorio senza eccessivi sforzi.
Su alcuni di questi smorgasbords, come ad esempio la sensory awareness di Charlotte Selver non c’è nulla da eccepire, e la mia critica riguarda semmai l’atmosfera in cui si svolgono i corsi. Nel caso di altri l’impostura inerisce invece alla superficialità delle teorie, soprattutto qualora pretendano di rifarsi all’insegnamento dei grandi maestri di vita. Mentre – esplicitamente o implicitamente – promettono, con vari metodi, una radicale trasformazione della personalità, in realtà ciò che viene raggiunto è un temporaneo miglioramento della sintomatologia depressiva o nella migliore delle ipotesi, portano ad un aumento di energia accompagnato da una diminuzione di tensione. 
In sostanza, queste tecniche sono un mezzo per sentirsi meglio e per riuscire a inserirsi nella società più agevolmente, senza determinare sensibili modificazioni del carattere.
Negli ultimi anni sono stati dati alle stampe molti libri che trattano della strada verso il vivere bene, alcuni dei quali davvero utili, altri invece dannosi perché ingannevoli, nel senso che sfruttano il nuovo mercato che fa appello al desiderio della gente di sfuggire al proprio malessere. 
N.B.
I metodi come lo yoga, la meditazione buddista, training autogeno, portano a un benefico senso di distensione e recupero di energie. Quindi il loro risultato è sicuramente auspicabile, ma non ha niente a che vedere con una radicale trasformazione che porti l’uomo dall’egocentrismo alla libertà interiore. A chi non si aspetta di trovare una strada così semplice per la guarigione, si rivelano tuttavia di grande aiuto.“

Come dice Fromm servono a dare energia ma non a cambiare dal punto di vista del carattere. È un cambiamento esterno ma senza quello interno. ( La sola concentrazione non basta a dare la felicità
È come attraversare un fiume inquinato con una barca invece che pulirlo.
Tu attraverserai anche il fiume, ma il fiume rimarrà comunque sporco.
In realtà l’unico rimedio efficace per raggiungere felicità e sicurezza è cambiare il nostro stile di vita; è cambiare i nostri atteggiamenti verso se stessi, gli altri e la natura; è metterci al di sopra delle cose; è amare e essere attivi; è compiere quel passaggio dalla modalità esistenziale del avere a quella dell’essere.
Questo è davvero molto, ma molto più difficile, però è l’unica soluzione  al problema dell’infelicità.
Se uno riesce a compiere quei passi necessari per passare da una vita orientata sull’Avere a una orientata sull’Essere allora arriverà a sentirti sicuro per quello che è e non per quello che ha;
arriverà a dire: possono portarmi via tutto ma mai quello che sono; arriverà a stare bene con se stesso senza bisogno di autoconvincersi di stare bene; arriverà ad ottenere una sicurezza interiore e non una protezione esteriore.
Questo è quello che si può chiamare felicità. Stare bene con se stessi, per il fatto di esprimere le proprie capacità e arrivare dire: IO SONO QUESTO, QUESTO MI PIACE E LO SO FARE BENE, QUESTO SONO IO E QUESTO è QUELLO CHE VOGLIO DALLA MIA VITA.
Perché la vita è una sola e tu puoi sprecarla cercando di far soldi e riempirti di cose oppure puoi cercare di vivere intensamente, ogni giorno, cercando di venir fuori; cercando, come dice Fromm, di divenire ciò che si è in potenza.


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sabato 17 dicembre 2011

Prepariamoci a rimboccarci le maniche

Che ce lo vogliono dire o no arriveranno tempi duri, più duri di quelli che stiamo passando.
Arriveranno tempi in cui solo l’uomo, collaborando, potrà sopravvivere.
Questo nostro modo di vivere incentrato sull’avere, sull’possesso e sulla produzione illimitata ci ha portato nella situazione disastrosa in cui ci troviamo oggi.
Una situazione ingarbugliata e anomala per le società occidentali (ormai non solo quelle occidentali) convinte, ancora oggi, che questo modo di vivere ( produzione-consumismo-accumulo di capitali- sfruttamento della natura…) sia giusto e che sia l’unico modo che l’uomo conosce e che vuole.
Una situazione prevista ma mai ascoltata ne dai potenti della terra ne dagli “uomini comuni” convinti anch’essi che questa sia l’unica strada a disposizione dell’uomo.
Una situazione che tutt’ora, nonostante la crisi, viene affrontata ancora insistendo proprio su quello che ci ha portato alla crisi. ( vedi post precedenti “Crisi economica” e “Ci chiedono di fare sacrifici”)
Una situazione che nonostante le chiacchere di politici e presunti professionisti non potrà che aggravarsi. Ed è triste sentire colleghi, amici, familiari e persone parlare di questa crisi cercando di darsi delle risposte e delle soluzioni magari personali o magari sentite da chi dovrebbe risolvere i nostri problemi visto che sono pagati per quello. È triste sentire parole di speranza o di odio vedendo il nuovo capo del governo. È triste non riuscire a spiegare che questa o quella manovra non ci porterà da nessuna parte; che fino a quando non cambieranno le basi del nostro modo di vivere non ci sarà nessuna possibilità di venirne fuori; che chi ci governa non solo non ha la certezza del funzionamento delle manovre che propone ma nemmeno sa offrire una valida spiegazione a questa crisi; che molto probabilmente nessuno ha il coraggio di dire la verità e chi vorrebbe dirla viene isolato e non messo nelle condizioni di parlare.
E infine è triste che pur avendo una possibilità di salvezza (quella del passaggio dall’avere all’essere) non venga mai proposta ne presa in considerazione.
In questa situazione non mi resta che dire: prepariamoci a rimboccarci le maniche perché se non ci scanneremo l’uno con l’altro ci sarà da lavorare parecchio.
Lavorare e collaborare senza guardare al mio e al tuo ma soltanto al nostro.
C’è ancora una speranza all’interno dell’uomo cerchiamo di vederla e di tirarla fuori.
Cerchiamo di riportare l’uomo al suo posto e cioè davanti a tutto il resto, perché noi siamo la “cosa” più importante che sia stata creata.


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lunedì 12 dicembre 2011

Ci chiedono di fare sacrifici…

I nostri politici ci chiedono di fare altri sacrifici; di stringere ancora la cinghia.
Mi sta bene! Mi sta bene fare sacrifici per il mio paese e mi sta bene fare sacrifici per il bene di tutti. Ma mi chiedo a cosa serviranno tutti questi sacrifici?
Come potranno servire se vengono utilizzati nella maniera sbagliata?
Come potranno servire  se vengono investiti per mandare avanti un’economia che non funziona più?
È come portare benzina a un’auto rotta.
È come il criceto che gira e gira sulla sua ruota, spende tante energie, ma alla fine rimane sempre nello stesso punto.
Che senso ha investire i miei sacrifici su un cavallo perdente?
E che è perdente non lo dico io, ne i saggi o i filosofi e nemmeno qualche buon giornalista, ma lo dicono i FATTI. Lo dice la realtà che questa economia è insana non solo per l’uomo, schiavo del consumismo, ma anche per la stessa economia. Quindi, come dicevo prima, mi sta bene fare sacrifici ( darei anche tutto il mio stipendio per fare qualcosa di buono) ma vorrei che questi venissero indirizzati verso una strada nuova; una strada diversa, magari difficile e forse impossibile da percorre ma che almeno mi possa dare una speranza di riuscita invece che la certezza del fallimento.
È impensabile continuare a finanziare un’economia che non funziona più...
Vorrei concludere dicendo che mi sembra ridicolo chiedere dei sacrifici al popolo senza sacrificarsi in prima persona. Non esiste capo che chiede cose che lui stesso non da.
Il vero capo per ottenere rispetto deve dare rispetto.
Quindi i politici dovrebbero sacrificarsi con noi visto che ci chiedono dei sacrifici e stingere la loro cinghia come ci chiedono di stringere la nostra, ma non per carità o per una guerra al potere ma per giustizia. E anche se non servirà a coprire il debito o a risanare l’economia sarà comunque un gesto  apprezzato e sentito dall’intero paese. Un modo per avvicinare chi governa al popolo senza troppe chiacchere e senza troppe parole.

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sabato 10 dicembre 2011

Concentrazione

Quanto è importante la concentrazione?
Ne ho sempre sentito parlare ma mai mi sono reso conto veramente della sua importanza.
Credo che se la concentrazione fosse più diffusa ci sarebbero molte più persone sicure di se e sopratutto felici. In quanto la concentrazione sviluppa delle energie  che vanno oltre a quelle che ci servono per svolgere un determinate compito.
E queste enercie ci fanno sentire vivi.
Svolgendo un compito senza essere concentrati  non si mettono in moto queste energie e quindi il compito viene comunque svolto ma non ci si sente vivi.
La concentrazione è palese in tutti gli sportivi. Immaginate una ragazza che fa danza classica come potrebbe svolgere il suo esercizio senza essere concentrata? Oppure un pugile che sul ring si ripete: adesso gli sferro un diretto, poi mi sposto, finta e poi gancio. È molto probabile che mentre “ pensa” ha già incassato duri colpi dall’avversario.
La concentrazione è d’obbligo per gli sportivi, ma lo dovrebbe essere anche per la gente comune e lo dovrebbe essere per svolgere qualsiasi cosa dalla più banale alla più impegnativa.
La concentrazione si dissolve nel momento stesso in cui uno inizia pensare.
Fecendo le “cose” in maniera concentrate la vita appare completamente diversa. E insisto nel dire che va applicata in tutti i momenti della giornata proprio perchè sviluppa delle forze che sono nostre; che sono interiori; che appartengono all’uomo. Ed è assurdo privarsene e non utilizzarle.
La concentrazione è un “arma” propriamente umana e sopratutto è qualcosa che dipende da noi e non dall’esterno: non deve essere comprata ma solo messa in pratica.

NB
La sola concentrazione non basta per poter essere felici, ma può essere la base da dove far nascere la felicità.
Una persona può concentrarsi pur continuando a vivere una vita sensa senso. Sicuramente riuscirà a muoversi molto bene nella sua vita ma mai potrà essere davvero felice come uno che segue la sua strada; che sviluppa le sue capacità; che le mette in pratica, e che vive secondo la modalità esistenziale dell’essere e non secondo quella dell’avere.


IMPORTANTE
Alcuni passi di EF in cui si parla della concentrazione. ( Vedi opere di Erich Fromm Mondadori, Newton Compton Editori, Casagrande, Bompiani, Gabbiani.)

Qualunque attività, se svolta con concentrazione, ci fa sentire più svegli ( anche se dopo sopravviene una naturale e benefica stanchezza ), mentre ogni attività svolta senza concentrazione ci stanca e ci annoia e, nel medesimo tempo, non ci concilia il sonno alla fine della giornata.
Concentrarsi significa vivere pienamente del presente, del momento attuale, senza pensare al prossimo impegno.
La nostra civiltà conduce ad un modo di vivere assolutamente privo di concentrazione. Si fanno molte cose alla volta: si legge, si ascolta la radio, si chiacchiera, si fuma, si mangia, si beve. 
La facoltà di concentrarsi è diventata rara primo perché nessun traguardo viene inseguito con passione e secondo perché si crede che la concentrazione sia troppo impegnativa e che per giunta affatichi. 
In realtà, a stancare è la mancanza di concentrazione, mentre la concentrazione tiene desti. 
Semplicemente accade che, compiendo un’attività senza essere concentrati, non si mettono in moto energie perché ne bastano poche per assolvere il compito specifico, mentre è proprio la mobilitazione delle energie a mantenere una persona sveglia e vivace. 
…la concentrazione sviluppa delle energie che ti rendono attivo…
La difficoltà di concentrarsi, tutto sommato, consegue direttamente alla struttura del nostro sistema di produzione.
Quanto più il nostro compito si riduce a “servire” la macchina o a fare qualcosa che, a ben vedere, potrebbe essere compiuto dalla macchina stessa, tanto più diminuisce la possibilità di concentrarsi nell’esecuzione di un lavoro.
…che importa concentrarsi se poi fanno tutto le macchine?...

L’esercizio sistematico della “retta attenzione” rappresenta il metodo più semplice, diretto, completo ed efficace per allenare la spirito e renderlo non solo idoneo ad che affrontare i compiti e i problemi quotidiani, ma anche a conseguire il fine ultimo la liberazione dalle passioni. N.M.
“La retta attenzione è la base insostituibile per una retta vita e un retto pensiero e, pertanto, contiene un messaggio vitale per ciascuno; serve al potenziamento delle capacità individuali ancora represse, affinché la forza interiore si accresca e la felicità diventi maggiore e più pura” N.M.
La concentrazione contribuisce ad assicurare una chiarezza sempre maggiore e a fornire una visione purificata da ogni falsificazione. N.M.
La concentrazione va praticata in tutti i momenti della vita quotidiana. Ciò significa che niente va compiuto in maniera disattenta ma, al contrario, in modo estremamente vigile e consapevole.
Così ad esempio, camminare, mangiare, pensare, vedere…; il fine è che la vita appare trasparente in ogni suo aspetto. 
Ogni esperienza recepita con attenzione, è chiara, reale e perciò mai automatica o meccanica e nemmeno confusa.
Raggiungendo il livello della completa attenzione in senso buddistico, si è spiritualmente svegli e consapevoli della realtà, si è concentrati, dunque non distratti.
N.M. ( Nyanaponika Mahathera, The Heart of Buddhist Meditation ).

…l’attività, in quel preciso momento, deve essere la sola cosa che conti, alla quale darsi completamente. Se ci si concentra, importa poco ciò che si fa; le cose importanti, così come quelle poco importanti, assumono una nuova dimensione, perché hanno la nostra completa attenzione.
Il concetto buddista di attenzione presuppone questo preciso modo di essere in OGNI MOMENTO DELLA GIORNATA; ed è espresso dalla frase:
“ Quando dormo, dormo; quando mangio, mangio...”
Quindi puoi concentrarti in qualsiasi attività: in uno sport, in un gioco come gli scacchi, con uno strumento musicale, nel ballo, nella pittura, mentre leggi un libro, quando ascolti una persona..
“La maggior parte delle persone ascolta gli altri, oppure da consigli, senza ascoltare veramente. Non prende sul serio l’interlocutore e come risultato la conversazione stanca. È convita che si stancherebbe anche di più se si concentrasse per ascoltare. Ma è vero il contrario”.


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domenica 4 dicembre 2011

Attività produttiva

Come tutte le cose inerenti all’esperienza ( amore, amicizia, gioia, passione...) sono difficili da spiegare a parole, anzi più si prova a farlo e più non ci si arriva mai, proprio perché certe cose uno può solo sperimentarle da se per poterle capire.
L’attività produttiva è la caratteristica principale dell’essere, ed è un energia che proviene dall’interno, che non ha niente a che fare con l’essere indaffarati.
Essere indaffarati significa fare un sacco di cose, magari senza essere concentrati e senza provare passione e quindi questa per quanto sembri un’attività in realtà è una passività. Cioè, io posso fare tante cose, magari assieme, e sembrare una persona molto presa e attiva, ma se non sono dentro alle cose che faccio, se non mi faccio avvolgere completamente da quello che faccio, io posso anche, agli occhi della gente, sembrare una persona viva e attiva, ma in realtà mi muovo tanto fuori mentre dentro tutto rimane fermo e immutato.
L’attività produttiva invece la si può provare pur non facendo niente; pur non muovendosi affatto.
Perché a muoversi è il dentro e non il fuori.
Questa energia è la stessa che prova un bambino: qualsiasi cosa tocca e vede per lui è sempre una gioia. Ed è la stessa che si prova  esprimendo le proprie capacità e diventando se stessi.
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La sua caratteristica fondamentale consiste nell’ essere attivo, che non va inteso in senso di una attività esterna, nell'essere indaffarati, ma di attività interna.
La passività esclude l'essere...
Nell'accezione moderna, l'attività è di solito concepita come un tipo di comportamento che implica un effetto visibile grazie a un impiego
di energia; si riferisce unicamente al comportamento. In realtà c'è una differenza tra attività vera e propria (attività produttiva) e essere indaffarati.
L'attività produttiva, talvolta si riesce a percepirla quando ci troviamo in compagnia di qualcuno che amiamo, quando guardiamo un panorama o quando leggiamo qualcosa di molto interessante ed eccitante. In quel caso non ci stanchiamo: sentiamo nascere in noi un'energia inattesa, proviamo un profondo sentimento di gioia. L'uomo produttivo orientato verso l'essere ha un'attività che trae la sua origine dall'interno.
L'espressione "attività produttiva" denota lo stato di attività interiore, ma non è necessario che sia in rapporto con la creazione di qualcosa. La produttività è un orientamento caratterologico di cui tutti gli esseri umani sono capaci.

GLI INDIVIDUI PRODUTTIVI ANIMANO TUTTO QUELLO CHE TOCCANO; DANNO VITA ALLE PROPRIE FACOLTÀ, MA ANCHE ALLE PERSONE E ALLE COSE CHE LI CIRCONDANO.
Con il suo atteggiamento produttivo genera anche negli altri una reazione produttiva.
Coinvolge se stesso e gli altri.
Soffiano vita nelle altre persone.
L’uomo vivo è simile ad un recipiente che ingrandisce mentre lo si colma, sicché mai sarà pieno.
Come dicono i buddisti: “non solo io vedo la rosa, ma anche la rosa vede me”.

Esiste una forma di energia di natura puramente fisica, questa comincia a declinare dal venticinquesimo anno di età.
Ma esiste anche un altro tipo di energia, che nasce dal nostro rapporto con il mondo, dal nostro essere interessati al mondo; che nasce dal nostro coinvolgimento.
Vi sono degli ottantenni che hanno vissuto una vita intensa, amore, coinvolgimento e interesse, e nei quali si può riscontrare una straordinaria e sconvolgente carica di vitalità e di energia, che nulla hanno a che fare con le possibilità che il corpo mette loro a disposizione.
Gioia, energia e felicità – tutte dipendono dalla misura del nostro interesse e coinvolgimento -

                                                                                                                                     Erich Fromm

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Essere se stessi

Cosa vuol dire essere se stessi?
Cosa vuol dire quando ti dicono si te stesso?
Cosa devo fare per essere me stesso?
Vestirmi in maniera “diversa”? Atteggiarmi  in un certo modo?
Portare capelli lunghi, portarli corti, viaggiare, fare vacanze in posti nuovi, comprarmi qualcosa che nessuna ha...
Cosa devo fare? E cosa vuol dire essere se stessi?

Essere se stessi significa sentire una sicurezza interiore data dal fatto di essere una persona viva e unica; significa seguire la propria strada ed esprimere le proprie capacità; significa essere sempre concentrati; significa non dare troppa importanza alle cose e cercare di tirar fuori quello che si è dentro ( non parlo di sogni e illusioni ma di realtà, di capacità reali); significa essere spontaneo; significa sentirsi sicuro per quello che si è e non per quello che si ha o si potrà avere ( non parlo di non avere niente e credere che essere anticonformista basti a dare la felicità, ma parlo di trovare quello che ciascuno di noi sente e di seguirlo).
E infine significa stare insieme alla gente ricordandosi di essere una persona con le proprie idee, la propria testa e i propri pensieri...

La persona davvero originale, è la persona che sa essere se stessa... Erich Fromm

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giovedì 1 dicembre 2011

Crisi economica

Com’è possibile, nonostante la crisi, credere ancora che il nostro modo di vivere sia giusto.
Com’è possibile, nonostante la crisi, battere ancora sullo stesso chiodo.
Com’è possibile che non si riesca a trovare una soluzione diversa da quella che ci ha portato nella situazione disastrosa in cui ci troviamo oggi...
Si continua ad insistere nella produzione, nel consumo, nel capitalismo, negli investimenti, ecc... quando proprio tutto questo ci ha portato dove ora siamo.
È come se a un malato di tumore gli venga consigliato di continuare a fumare per curare la sua malattia...
E allora mi chiedo perché non vengono prese in considerazione altre soluzioni per risolvere la crisi quando ci sono libri che già nel 1976 ( di seguito riporterò alcuni passi di Avere o essere? pubblicato nel 1976 ) parlavano di una possibile crisi economica qualora non ci fossero stati dei cambiamenti?
Nel 1976 si prevedeva una crisi economica e si offrivano delle soluzioni per evitarla. Dopo quasi trentasei anni non solo ci troviamo in piena crisi, come previsto, ma ancora non vengono prese in considerazione le soluzioni offerte tempo fa.
Il mondo occidentale è in crisi, tutto quanto e non solo il nostro paese come vogliono farci credere.
Il mondo occidentale sta seguendo delle strategie per venir a capo di questa crisi, ma queste mi sembrano le stesse di quelle che vengono consigliate al malato di tumore...

Dal libro Avere o Essere? Erich Fromm  Mondadori  1977

...Mesarovic e Pestel approdano alla conclusione che soltanto mutamenti drastici, di carattere economico e tecnologico e a livello globale, secondo le direttive di un programma preciso, possono <<scongiurare una catastrofe di grandi proporzioni e infine globale>>... trasformazioni economiche  del genere sono possibili soltanto << qualora si verifichino mutamenti di ordine fondamentale nei valori e nell’atteggiamento dell’uomo come per esempio una nuova etica e un nuovo rapporto con la natura>>...
...una nuova società è possibile  soltanto se, contemporaneamente al suo sviluppo, si verifica anche quello di un nuovo essere umano o, per usare termini meno altisonanti, se nella struttura caratteriale dell’uomo contemporaneo si determina una trasformazione di portata fondamentale...
E.F. Schumacher, che è un economista ma anche un umanista radicale. La sua richiesta di un profondo mutamento dell’essere umano si fonda su due argomenti, e cioè che il nostro attuale ordinamento sociale fa di noi altrettanti malati, e che ci stiamo dirigendo verso una CATASTROFE ECONOMICA a meno di non operare una drastica trasformazione del nostro sistema sociale.
La necessità di un cambiamento dell’uomo non costituisce soltanto un’esigenza etica e religiosa, non è frutto unicamente di un’aspirazione psicologica derivante dalla natura patogena del nostro attuale carattere sociale, ma è anche la condizione per la mera sopravvivenza della specie umana. Il vivere bene non rappresenta ormai più da un pezzo la soddisfazione semplicemente di un’esigenza di carattere etico o religioso: per la prima volta nelle storia, la sopravvivenza fisica della specie umana dipende dalla radicale trasformazione del cuore umano. D’altro canto, una trasformazione del cuore umano è possibile solo a patto che si verifichino mutamenti economici e sociali di drastica entità, tali da offrire al cuore umano l’occasione per mutare e il coraggio e l’ampiezza di prospettive necessari per farlo...
...Come si spiega che il più forte tra tutti gli istinti, quello alla sopravvivenza, abbia cessato di fungere da incentivo?
Una delle spiegazioni più ovvie è che i leader intraprendono molte iniziative che rendono loro possibile di fingere di operare efficacemente per evitare una catastrofe...
Non accade nulla che abbia un’effettiva incidenza, ma ciò non toglie che i leader e coloro che ne sono guidati anestetizzino le proprie coscienze e la propria aspirazione alla sopravvivenza facendo credere di conoscere la strada e di procedere nella giusta direzione.
Un’altra spiegazione è che l’egoismo generato dal sistema induce i leader ad apprezzare di più il successo personale che non la responsabilità sociale... Essi sembrano ignorare che l’avidità – al pari della sottomissione – rimbecillisce gli individui, rendendoli incapaci persino di perseguire i loro veri interessi , come per esempio la preservazione delle loro stesse esistenze e della vita di mogli e figli. D’altro canto, il vasto pubblico è anch’esso a tal punto egoisticamente occupato da interessi privati, da prestare scarsa attenzione a tutto ciò che trascende l’ambito strettamente personale.
Un'altra spiegazione del decadimento del nostro istinto di sopravvivenza può essere ricercato nel fatto che i mutamenti del modo di vivere che sarebbero necessari sono di tale entità, da indurre la gente a preferire la catastrofe futura ai sacrifici immediati... È questo appunto il tipo di comportamento che si verifica in individui che rischiano di morire anziché sottoporsi a un controllo medico suscettibile di concludersi con la formulazione della diagnosi di una malattia grave, richiedente un intervento chirurgico complesso...

...Anche autori... non mancano di sottolineare che una radicale trasformazione interiore dell’uomo costituisce l’unica alternativa alla catastrofe economica. Così Mesarovic e Pestel richiedono << una nuova coscienza internazionale..., una nuova etica nell’uso delle risorse materiali..., un nuovo atteggiamento verso la natura, fondato sull’armonia anziché sulla conquista..., un sentimento d’identificazione con le generazioni future. Per la prima volta dacché l’uomo esiste sulla terra, gli si chiede di astenersi dal fare ciò che è in grado di fare, di limitare il proprio sviluppo economico e tecnologico, o per lo meno di avviarlo in direzioni diverse dalle precedenti; da tutte le future generazioni della terra gli viene richiesto di condividere i suoi beni con i derelitti, non già secondo uno spirito di carità, bensì di necessità. Gli si chiede di concentrare subito la propria attenzione  sulla crescita organica dell’intero sistema mondiale...>>... concludono che in mancanza di queste fondamentali trasformazioni, <<il destino dell’Homo sapiens può considerarsi segnato>>...

... per la prima volta si è posta l’esigenza di una trasformazione di carattere etico, non già come conseguenza di credenze morali, bensì come conseguenza razionale di un’analisi economica.
Negli ultimi anni, la stessa problematica è stata sollevata  da numerosi scritti... anche in essi si pone l’esigenza del subordinamento dell’economia ai bisogni della popolazione, in primo luogo ai fini della nostra mera sopravvivenza, in secondo luogo in nome del nostro benessere...
Gran parte dei loro autori sono concordi nel ritenere che l’aumento materiale del consumo non comporta necessariamente un aumento di benessere; che un mutamento a livello caratterologico e spirituale deve accompagnarsi alle necessarie trasformazioni sociali; e ancora che, a meno che non si cessi di sprecare le risorse naturali e di minare le condizioni ecologiche della sopravvivenza umana, è prevedibile la catastrofe nel giro di un secolo...

Paul e Anne Ehrlich ... Non esiste panacea di natura tecnologica per l’insieme dei problemi che danno origine alla crisi demografica-alimentare-ambientale, benché la tecnologia applicata in maniera sensata ad ambiti come quello della diminuzione dell’inquinamento, dei mezzi di comunicazione e del controllo della fertilità umana possa assicurare concreti benefici. Le soluzioni
fondamentali richiedono drastiche e rapide trasformazioni degli atteggiamenti umani, soprattutto quelli relativi al comportamento riproduttivo, alla crescita economica, alla tecnologia, ai rapporti con l’ambiente e alla risoluzione dei conflitti...

...cominciano a levarsi voci le quali invitano a prendere in considerazione l’ipotesi di un economia a tasso di crescita zero. W. Harich propone per esempio un economia statica, di equilibrio, valida per il mondo intero, come l’unico sistema capace di garantire l’uguaglianza e di stornare la minaccia di danni irreparabili per la biosfera.

...soltanto un mutamento sostanziale del carattere umano, vale a dire il passaggio dalla preponderanza della modalità dell’avere a una preponderanza della modalità dell’essere, possa salvarci dalla catastrofe psicologica ed economica...

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